Lunedì, 23 Marzo 2020 16:16

IO, STUDENTE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS. COSA STO IMPARANDO DALL’ISOLAMENTO

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IL CONTRIBUTO DI MARICA DI PAOLO DEL 5° B TURISMO

Salve prof, io mi annoio perennemente e costantemente in questa mia quarantena.
“Noia.” So che è un termine che odia soprattutto se lo sente dire da una ragazza di 18 anni, ma le uniche cose che faccio sono i compiti, sto con il cellulare, ascolto musica, guardo la tv, cucino i dolci e faccio qualche allenamento.
E penso.
Penso a quanto non sia facile riflettere su noi stessi, a quanto non sia facile stare da soli.

Non è facile soffermarsi a capire chi siamo e chi soprattutto vorremmo essere un domani.
Io non so né chi sono né chi vorrò essere, o meglio, non ho un quadro molto chiaro di me, ho un’idea piuttosto confusa.
Ma questo è un altro discorso.
Ho pensato di più ad altro.
Mi sono resa conto di quanto l’essere umano possa essere un essere superficiale.
Siamo superficiali perché fino a un mese fa sbuffavamo per la monotonia della nostra città, ci  annoiavamo per la routine e per la monotonia.
Ci si lamentava perché incontravamo sempre le stesse facce, e perché frequentavamo sempre gli stessi posti.
Ci incontravamo con amici e uscivamo insieme fondamentalmente solo per stare in compagnia, per essere meno soli e per rompere la nostra maledetta noia di cui tanto parliamo.
Non davamo peso a un bel niente.
Né alle parole, né ai gesti.
A un bacio, a un abbraccio.
Al giorno d’oggi invece tutti improvvisamente vogliono abbracciarsi, vogliono incontrarsi, vogliono uscire e vogliono tornare alla loro routine tanto criticata.
Tutti a lagnarsi come un bambino che frigna perché gli è stato tolto il ciuccio.
Quindi:
quanto vale un abbraccio?
Quanto vale un bacio?
Quanto peso diamo a un “ti voglio bene”?
Sono davvero cose così scontate come le consideriamo?
Un altro pensiero che ho elaborato è:
quanto contiamo rispetto all’universo?
Quanto conto io al mondo?
Dinnanzi a una situazione del genere, io conto 0,00000 a quanto pare.
Siamo impotenti, ci ritroviamo chiusi tutti nelle nostre case ad eseguire ciò che ci chiedono.
Mani legate dietro la schiena e obbedire aspettando che qualcosa cambi.
Aspettando che la cifra dei contagiati smetta di salire.
Aspettando che un qualcuno ci trovi un vaccino. 
Nel mentre? Rimaniamo a casa.
Una situazione di totale malessere e angoscia, una sensazione che ti logora dentro e che a tua insaputa potrebbe prendere il sopravvento, colpendoti alle spalle.
Sensazioni mai provate prima, il timore che possa degenerare ancora di più questa situazione aumenta sempre più.
Sbagliamo a sottovalutare ciò che abbiamo fra le mani, siamo degli incoscienti e irriconoscenti, me compresa; e quale episodio, se non questo, per far sì che qualcosa nelle nostre teste cambi?
È l’ora di attribuire il vero valore alle cose e di smetterla di pensare che tutto possa piovere in eterno dal cielo.
Mi andava di buttare qualcosa sugli appunti (come mio solito) però questa volta volevo che qualcuno mi ascoltasse e non volevo che per l’ennesima volta le mie parole morissero negli appunti 

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