Giovedì, 01 Aprile 2021 16:01

IL GIUDIZIO DEGLI ITALIANI SULLA DAD A DISTANZA DI UN ANNO.

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PUBBLICATA UNA RICERCA DI DEMOPOLIS

L’Istituto Nazionale Di Ricerche Demopolis ha condotto una indagine per capire come gli italiani giudicano la didattica a distanza ad un anno dal suo esordio. Demopolis ha studiato l’evoluzione percepita, il presente e le prospettive della didattica a distanza nella valutazione dell’opinione pubblica, con focus sui genitori di figli minori (5-17 anni), su insegnanti ed operatori del terzo settore. I coprotagonisti di questa sperimentazione indotta dalla pandemia, i genitori italiani, rilevano come la DAD si sia effettivamente meglio strutturata dopo la fase emergenziale (67%) ed abbia prodotto maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie da parte dei ragazzi (57%).

Tuttavia, dall’inchiesta emerge un giudizio in chiaroscuro dove a prevalere sono gli aspetti negativi. Infatti, appena 3 italiani su 10 la valutano positivamente. La maggiore criticità per il 51% dei genitori italiani, dopo 12 mesi di DAD, sta nel fatto che non è ancora garantito un accesso adeguato alla didattica a tutti gli studenti.

Vediamo ora quali sono le criticità individuate dai genitori.

Un genitore su due non è soddisfatto della durata delle lezioni e dell’orario scolastico incompleto; la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%); la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%), limite segnalato con maggiore evidenza anche dagli insegnanti (68%). Il 16% di ragazzi si collega in DAD da uno smartphone e il 41% dei genitori confessa di aver avuto difficoltà a supportare i figli proprio per problemi di connessioni o dispositivi insufficienti in casa; la difficile conciliazione dei tempi lavorativi con le dinamiche della didattica a distanza; l’impegno richiesto alle famiglie secondo il 39% dei genitori è stato eccessivo (dato che cresce al 61% tra chi ha i figli alle elementari).

Comunque, le problematiche più rilevanti riscontrate sono l’assenza di relazioni con i compagni e la crescita delle diseguaglianze. Per il 65% la fatica nel seguire le lezioni in remoto si è rivelata una grave ipoteca sulla quotidianità. Sei genitori su 10 segnalano oggi la tendenza dei figli all’isolamento e all’abbandono della vita sociale, il 55% ricorda il danno della riduzione degli stimoli esterni alla scuola.

Proprio il Direttore dell’Istituto Demopolis, Pietro Vento, conferma tale visione: “il costo sociale ed evolutivo imposto dall’emergenza e dalla chiusura prolungata delle scuole su bambini e ragazzi, ha prodotto effetti consistenti sull’incremento delle disuguaglianze e della povertà educativa tra i minori nel nostro Paese. Nell’anno del Covid, un vastissimo orizzonte di normalità relazionale, di dinamiche sociali, di occasioni di apprendimento è stato precluso ai minori". 

Non c’è dubbio che l’indagine conduca ad una considerazione: il ritorno a scuola ha come priorità quella di recuperare la dimensione affettiva e di socialità dei ragazzi che devono superare il senso di solitudine che si è accresciuto in loro in questo terribile anno pandemico. La gioventù odierna deve essere aiutata a convogliare le proprie energie, la propria creatività in un nuovo progetto di vita che abbia un senso ed un futuro. Che si riconosca in una idea di società per forza diversa da quella attuale. Questo non può essere un compito lasciato alla sola scuola, che continua tra l’altro a scontare una perdita di centralità, di mancanza di investimenti e di vere riforme che ne innalzino il ruolo e la qualità,  ma anche alle famiglie che devono essere più attente e in grado di trasmettere educazione, responsabilità, considerazione per la comunità, e alle istituzioni a tutti i livelli che devono essere esempio di onestà e di civismo per promuovere una cittadinanza attiva e consapevole.

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